Effetti dei carboidrati sui trigliceridi plasmatici - FitIQ.it

Effetti dei carboidrati sui trigliceridi plasmatici

L’effetto dei carboidrati sulla lipemia post prandiale dipende non solo dalla quantità ma dal tipo di carboidrati. Ci sono pochi studi sul metabolismo lipidico postprandiale e c’è da dire che gli studi in acuto sono importanti ma non risolutivi perché il nostro organismo usa meccanismi di compenso per far sì che l’effetto in acuto non si mantenga in cronico, quindi bisogna capire cosa succede in cronico, sia nel soggetto normale che in quello patologico.

 

SOMMARIO:
1. Effetto dei carboidrati sulla lipemia postprandiale (acuto)
2. Effetto dei carboidrati sulla lipemia a digiuno (cronico)
3. Un occhio al fruttosio
4. Conclusioni

 

 

1. Effetto dei carboidrati sulla lipemia postprandiale (acuto)

– Glucosio: Alcuni studi rivelano che se il glucosio (zuccheri) è aggiunto ad un pasto grasso nella quantità di 50-100 g, non c’è effetto sulla lipemia post prandiale (valutata in diversi modi soprattutto come trigliceridi plasmatici nel periodo post-prandiale). Altri studi mostrano, invece, che c' è una piccola riduzione ma non sono dati rilevanti.
– Fruttosio: sia in acuto che in cronico i trigliceridi aumentano nella fase postprandiale.
– Carboidrati ad alto indice glicemico: Se facciamo un pasto ad alto indice glicemico, assumendo alimenti ricchi in carboidrati senza fibra e quindi digeriti velocemente, abbiamo un aumento in acuto della trigliceridemia.
– Carboidrati a basso indice glicemico: se invece un pasto è costituito da carboidrati lentamente digeribili o per il riarrangiamento dell’amido o per la presenza di amido resistente o di fibre o per la struttura dell’alimento, a parità di carboidrati, si ha una riduzione della lipemia post-prandiale. Addizionando ad un pasto delle fibre, ad esempio da 4g a 10g in maniera isolata, sia che siano fibre solubili viscose che fibre di cereali, c’ è una riduzione della lipemia post-prandiale.

 

Questo succede in acuto ma gli effetti si mantengono in un periodo più lungo?

 

 

2. Effetto dei carboidrati sulla lipemia a digiuno (cronico)

Paragonando l’effetto sui lipidi plasmatici di una dieta ricca in acidi grassi monoinsaturi (come quelli presenti nell’olio d’oliva) rispetto ad una dieta ricca in carboidrati (zuccheri semplici, amido e saccarosio) si è evidenziato sui trigliceridi:
– Dieta alta in carboidrati – trigliceridi più alti sia a digiuno che dopo un pasto.
– Dieta alta in acidi grassi monoinsaturi – trigliceridi più bassi rispetto alla dieta ricca in carboidrati a digiuno.

Cosa succede invece se andiamo a paragonare alla dieta ricca in acidi grassi monoinsaturi una dieta ad alti carboidrati, ma alta anche in fibra?

Dieta alta in carboidrati (ma di qualità elevata, basso indice glicemico e ricca di fibre) – è presente una riduzione più marcata dei trigliceridi, rispetto alle altre diete, sia nel post prandiale (dopo mangiato, acuto) sia a digiuno (cronico).

 

Perché c' è questa differenza tra dieta ricca in acidi grassi monoinsaturi e dieta ricca in carboidrati e fibre?


Dato che ci sono più lipidi nella dieta ricca in acidi grassi monoinsaturi, ci sarà un maggiore assorbimento di acidi grassi e quindi un aumento della produzione di trigliceridi nel post prandiale. In una dieta alta in carboidrati a basso indice glicemico e fibre ci sarà, invece, un ritardo dello svuotamento dello stomaco, una riduzione dell’assorbimento degli zuccheri e degli acidi grassi e, soprattutto per effetto delle fibre, una riduzione dei trigliceridi nei chilomicroni (sono i trasportatori degli acidi grassi assorbiti nell’intestino) e quindi una riduzione nella risposta postprandiale. Inoltre la dieta ricca in fibre riduce la glicemia e l’insulinemia tramite miglioramento dell’insulino resistenza, si ha anche una riduzione dell’assorbimento dei grassi, di produzione di chilomicroni e di denovo lipogenesi (formazione lipidi a partire da altre fonti che se in eccesso si depositano nel fegato). Quindi anche in cronico si mantiene quello che abbiamo visto in acuto, cioè abbiamo un effetto duraturo sulla lipemia, in cui ci sono vari fattori che possono essere proaterogeni (contribuire alla formazione della placca aterosclerotica e ad un aumento del rischio cardiovascolare).

 

 

3. Un occhio al fruttosio

Il fruttosio, assorbito lentamente a livello intestinale per diffusione facilitata, arriva al fegato dove viene fosforilato dalla fosfofruttochinasi, enzima non regolato dall’insulina.


Sebbene si sia sempre pensato che il fruttosio sia il miglior dolcificante da utilizzare per i pazienti diabetici (in virtù del suo basso indice glicemico) da esso si formano triosi che possono essere i precursori dei trigliceridi, se si condensano fra di loro. Quindi la relazione tra assunzione di fruttosio e formazione di trigliceridi è insita nel suo metabolismo. Per dosi di fruttosio da 40 a 300 g/die si può avere ipertrigliceridemia proprio per questo motivo. Se eccessivo incide anche sul metabolismo del glucosio e dà problemi ai pazienti diabetici (può dare aumento della glicemia sebbene proprio a loro sia stato negli anni consigliato).


Il fruttosio aumenta i trigliceridi soprattutto in fase post prandiale ma non è a escludere una sua azione protratta nel cronico.

 

 

4. Conclusioni

Nel rispettare le linee guida di una sana alimentazione è necessario oltre che badare alla quantità dei singoli nutrienti anche alla qualità. Se è vero che per avere un effetto dimagrante è importante il deficit calorico è anche vero che sebbene i carboidrati siano classificati a livello calorico sotto lo stesso valore, esiste una differenza sostanziale nella presenza o meno di fibre e nello stato dell’amido che stiamo per consumare.


Le raccomandazioni dietetiche non sono mai formulate a “caso” ma sono sempre frutto di numerosi studi ben valutati e protratti nel tempo.
Attenzione quindi a ciò che si mangia, la qualità è un aspetto fondamentale per il benessere e la salute del nostro organismo.

 

Valeria Cangiano 

 

 

Bibliografia
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