SOMMARIO:
1. Definizione
2. Sintesi endogena
3. Funzioni
4. Carenza di vitamina D
5. Conclusioni
Con Vitamina D si intendono gli steroidi che presentano attività biologica del colecalciferolo. Sono dei pro-ormoni liposolubili che comprendono: vitamina D1, vitamina D2, vitamina D3, vitamina D4 e vitamina D5. Negli alimenti è possibile trovarla sotto forma di vitamina D2 nei vegetali e negli invertebrati e vitamina D3 negli animali.
Fonti alimentari:
- Olio di fegato di merluzzo, tonno, ippoglosso,
- Fegato di vitello e bue,
- Pesci come sgombro, anguilla, sardina, aringhe e tonno,
- Latte,
- Burro,
- Uovo,
- Formaggio.
In Italia i cibi NON sono quasi mai arricchiti di vitamina D. La Vitamina D è “una vitamina” in senso stretto solo in rarissime condizioni, perché l’uomo è capace di sintetizzarla a livello cutaneo, grazie all’azione fotolitica degli UV. Il contributo alimentare è irrisorio se confrontato alle necessità metaboliche ed all’apporto endogeno conseguente all’esposizione alla luce solare. La fonte primaria resta l’esposizione alla luce solare.
La vitamina D deriva in gran parte (80% circa) dall’esposizione al sole della cute, a livello della quale le radiazioni UVB convertono il 7-deidrocolesterolo a pro-vitamina D3, che alla temperatura corporea isomerizza a vitamina D3 (o colecalciferolo). La vitamina D3 viene attivata prima a livello del fegato in pro-ormone 25-idrossivitamina D (che è quello che viene “dosato” nelle analisi) e successivamente a livello renale in 1,25-diidrossivitamina D, che è poi la forma attiva della vitamina.
Tutti gli organi coinvolti devono essere funzionali: epatopatie e nefropatie compromettono, in parte o del tutto, questo processo e portano a carenza di vitamina D.
Punto fondamentale della sintesi è la reazione fotolitica che ha una serie di fattori limitanti che ne condizionano l’esito finale. L’efficienza è molto bassa e dipende dalle caratteristiche dell’individuo e dall’esposizione ambientale. Quindi la produzione individuale cambia molto da persona a persona. Nelle regioni equatoriali c’è un bilanciamento tra maggiori quantità di melanina e strato corneo e maggiore esposizione alla luce, l’inverso avviene alle latitudini Nord, che sono comunque più esposte al rischio di ipovitaminosi D. Anche in Italia, in realtà, c’è una certa fascia di popolazione che ha questo rischio inconsapevolmente.
Le attività enzimatiche coinvolte in questi processi di attivazione sono strettamente regolate da ormoni, primo fra tutti il paratormone. Quindi la produzione di D3 dipende da molti fattori. Se le paratiroidi non funzionano non si avrà vitamina D attiva.
La principale funzione fisiologica della vitamina D è quella di facilitare l’assorbimento intestinale del calcio. In effetti, i livelli plasmatici di 1,25-diidrossivitamina D mostrano una chiara relazione positiva con l’assorbimento intestinale del calcio.
Una grave carenza di vitamina D determina il rachitismo nei bambini o l’osteomalacia negli adulti (quando la crescita delle ossa è cessata) a causa di un ritardo nella mineralizzazione. Una grave carenza di vitamina D determina il rachitismo nei bambini o l’osteomalacia negli adulti (quando la crescita delle ossa è cessata) a causa di un ritardo nella mineralizzazione.
A livello dell’intestino: attiva assorbimento di calcio e fosforo per aumentare la calcemia. Induce proteine che legano il calcio e ne sarà assorbito di più.
Rene: aumenta il riassorbimento di calcio e fosforo. Attiva dei canali che riassorbono il calcio, anche se solo per l’1%.
Osso: la vitamina D stimola enzimi che operano la demineralizzazione con liberazione di calcio e fosforo.
Comunemente le carenze vitaminiche sono innanzitutto correlate ad alimentazioni non adeguate. La vitamina D in particolare come abbiamo visto è sottoposta a numerosi processi endogeni.
Quindi i fattori che determinano una sua carenza sono:
1) Assunzione dietetica non sufficiente: associata in genere ad allergia al latte, intolleranza al lattosio oppure stili alimentari come vegetarianismo e veganismo.
2) Limitata esposizione alla luce solare: anche per abitudini lavorative, scolastiche, personali. È importante considerare che ll’80% della sintesi di vitamina D avviene a livello della cute e solo il 20% è alimentare.
3) Problemi renali o epatici.
4) Patologie correlate ad un diminuito assorbimento o una ridotta sintesi o un aumentato catabolismo: fibrosi cistica, malattia celiaca, malattie infiammatorie intestinali ecc.
Gli anziani sono a maggior rischio di sviluppare insufficienza di vitamina D sia perché con l’invecchiamento la pelle ha più difficoltà di sintetizzare la vitamina D in modo efficiente (gli anziani ne producono circa il 30% in meno), sia per alcune abitudini come passare più tempo in casa oltre ad avere un ridotto apporto alimentare.
Anche le donne che allattano sono a maggior rischio e i bambini in crescita. Non va sottovalutata anche l’abitudine a coprirsi eccessivamente (per moda o motivi religiosi) oppure l’uso costante di creme con protezione solare anche in inverno.
Sebbene i valori della vitamina D non siano esclusivamente correlati con l’alimentazione ma piuttosto allo stile comportamentale, è importante anche il quantitativo con la dieta. Adottare un’alimentazione adeguata che comprenda tutti i nutrienti associata ad uno stile di vita opportuno con attività fisica adeguata, magari all’aperto, è fondamentale per assicurarsi i livelli di questi vitamina/ormone.
Valeria Cangiano
Bibliografia
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