Lo zucchero bianco è nocivo? - FitIQ.it

Lo zucchero bianco è nocivo?

Nel corso del tempo, complici anche alcuni ricercatori che tendono a fare più vita “social” che ricerca, si è detto tutto e il contrario di tutto sullo zucchero bianco, creando delle vere e proprie campagne contro il “veleno bianco” contrapposte a difensori a spada tratta dell’innocente saccarosio. Lo zucchero bianco è stato accusato di essere portatore di numerosi disturbi ma cosa c’è di vero e cosa invece è frutto di deduzioni errate?

 

SOMMARIO:
1. Produzione zucchero bianco
2. Saccarosio e dipendenza da dolce
3. Zucchero, obesità e malattie metaboliche
4. Conclusioni

 

 

1. Produzione zucchero bianco

Per zucchero bianco si intende il prodotto ottenuto dall’estrazione della barbabietola da zucchero (e non quello estratto dalla canna da zucchero che è caratterizzato da un colore più scuro). In commercio si trova sotto il nome comune di zucchero semolato, il classico che si compra al supermercato per preparare dolci o per dolcificare il caffè, a prescindere da quanto siano sottili i granelli.


Il nome chimico è saccarosio, ovvero un disaccaride (unione di due monosaccaridi) costituito da glucosio e fruttosio.

 

Nella barbabietola da zucchero il saccarosio viene utilizzato dalla pianta come riserva energetica e pertanto si trova in concentrazioni elevate rispetto ad altre piante. Per quanto riguarda l’estrazione, la barbabietola, una volta giunta allo zuccherificio, viene sottoposta ad un processo di diffusione (estrazione con acqua molto calda) e il liquido ricavato, dal colore scuro, viene purificato tramite anidride carbonica e calce prima di essere filtrato, decolorato e concentrato. Anche se questi nomi possono suonare alieni, la produzione di zucchero non comporta nessun inquinamento con sostanze tossiche o alterazioni della struttura chimica del composto finale. Semplicemente il prodotto ottenuto sarà saccarosio, “nudo” e puro, senza presenza di altri composti (benefici o meno) che possiamo trovare nella barbabietola originaria.

 

 

2. Saccarosio e dipendenza da dolce

In molti studi su animali, è stato evidenziato quanto lo zucchero possa dare effetti molto simili a sostanze che creano dipendenza. Nello specifico sono stati riscontrati comportamenti come abbuffate, bramosia, tolleranza, ritiro, sensibilizzazione incrociata, tolleranza incrociata, interdipendenza, ricompensa e effetti oppioidi.


Va ben evidenziato però che questi effetti sono stati riscontrati su animali e che quindi necessitano di ulteriori conferme su studi umani prima di poter affermare che lo zucchero sia effettivamente una “droga”.


Il meccanismo di dipendenza da alimenti “dolci” può essere compreso tramite il “processo di ricompensa”. A livello linguale e intestinale abbiamo dei recettori che si attivano quando vengono a contatto con sostanze dolci. Questi recettori inviano un segnale al cervello stimolandolo a produrre Dopamina, un neurotrasmettitore “responsabile” della sensazione gratificante.


Lo stesso meccanismo è alla base della dipendenza da droghe. La sostanziale differenza è che lo zucchero in eccesso, pur provocando un innalzamento della dopamina, non è paragonabile a quello delle droghe che risulta essere molto più elevato. Resta però un fatto che gli zuccheri semplici provocano un effetto sulla dopamina più elevato rispetto a quello provocato da altri cibi. Ad esempio, gli zuccheri sono anche presenti nella frutta, tuttavia essendo accompagnati da fibre e altre sostanze non provocano lo stesso effetto che potrebbe avere una bevanda zuccherina.


Nell’essere umano gli effetti dello zucchero (siano essi psicologici o fisici) non sono sempre riproducibili. Probabilmente perché in questo senso un ruolo fondamentale lo ha la tolleranza e la predisposizione individuale in senso di sensibilità al gusto dolce.

 

 

3. Zucchero, obesità e malattie metaboliche

Ci sono diverse evidenze, da studi epidemiologici e clinici che l’eccesso di zucchero possa rivestire un ruolo per quanto riguarda lo sviluppo di obesità e malattie metaboliche.


Attualmente non ci sono studi clinici di intervento dietetico che chiariscano definitivamente se lo zucchero, nelle dosi attualmente consumate, abbia effettivamente un ruolo preciso nello sviluppo di malattie metaboliche, in assenza di aumento di peso e grasso corporeo.


Per il ruolo nello zucchero nello sviluppo dell’obesità ancora mancano dati che evidenzino la differenza tra una dieta a basso contenuto di zucchero e una ad alto contenuto di zucchero rispetto al progredire di questa patologia anche se non mancano studi per quanto riguarda il consumo di bevande zuccherate in relazione allo sviluppo di condizioni sfavorevoli a livello metabolico (a prescindere dall’aumento calorico).


In breve è tutto ancora da chiarire, anche se, obiettivamente, molti studi a “favore” dello zucchero sono finanziati da industrie dolciarie. Questo non implica che gli studi siano condotti male o pilotati verso una conclusione piuttosto che un'altra, tuttavia sarebbero preferibili studi indipendenti che non partissero da preconcetti in nessun senso.

 

 

4. Conclusioni

È precoce stabilire una conclusione definitiva del ruolo dello zucchero (e degli zuccheri semplici in generali) nelle malattie metaboliche.


Sebbene non sia ancora chiara la posizione della comunità scientifica a riguardo, le Raccomandazioni Ufficiali consigliano di tenere il consumo di zuccheri (totali, quindi la somma di zuccheri già presenti naturalmente negli alimenti e di quelli eventualmente aggiunti) al di sotto del 15% delle kcal totali della dieta.


Considerando l’importanza di consumare alimenti ricchi in fibre, carboidrati complessi e di limitare le calorie, è chiaro che lo zucchero bianco pur non ancora definibile come dannoso, resti un alimento “povero” e non indispensabile.

 

Valeria Cangiano

 

 

Bibliografia
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